L’anno prossimo cominceranno le commemorazioni del conflitto che cento anni fa sconvolse l’Europa. Per l’Italia sarà ancora presto e occorrerà attendere il 2015, anche se per chi è nato o vive nelle Venezie il ricordo spesso è scolpito nella storia familiare e si rinnova continuamente fra Alpi e Prealpi. Quelli della mia generazione, poi, sono stati cresciuti a “cante” alpine e a copertine della Domenica del Corriere di Achille Beltrame e dunque la “Guera Granda” è stata per noi lo scenario da cui trarre gli ideali di amor patrio, di coraggio, lealtà, amicizia, ardimento. Luoghi come il Pasubio, il Monte Grappa, l’Ortigara, Caporetto, rimbalzavano per noi fra i libri di scuola e le gite domenicali e mi hanno fatto scoprire il valore della fatica e l’incanto della cima. Vi ho anche preso coscienza dei miei limiti, a volte imponendomi di superarli e altre arrendendomi.
A distanza di tanti anni da quella infanzia e adolescenza, sto ripercorrendo a tappe i luoghi della Prima Guerra Mondiale ed in particolare quelli vicini a casa, sulle Prealpi fra il Veronese, il Trentino e il Vicentino. Dopo Forte Belvedere a Lavarone, ieri abbiamo visitato il Sacrario di Monte Cimone sopra Tonezza, Forte Cherle e Forte Busa Verle. Il tentativo di giungere a Forte Campomolon si è arreso perché in quota la neve è ancora alta.
Ad Arsiero imbocchiamo la SP 83 che si alza rapidamente seguendo lo sviluppo della Valdastico con splendida vista sull’Altopiano di Asiago; all’ingresso di Tonezza deviamo a sinistra e proseguiamo in un grande bosco di faggi e conifere fino al parcheggio del Sacello Ossario di Monte Cimone.
Nel maggio 1916, dopo l’inizio della Strafexpedition, il Monte Cimone fu teatro di numerosi atti di guerra per il suo valore di osservatorio dei movimenti dei due eserciti contendenti fino al terribile epilogo il 23 settembre quando sotto le posizioni del Battaglione Sele scoppiò la mina austriaca di 14 tonnellate di esplosivo che provocò un cratere largo cinquanta metri e profondo ventidue e la morte di 1.100 soldati italiani. Sul luogo della mina, è stato edificato un monumento che raccoglie i resti dei soldati ritrovati negli anni intorno al cratere.
Commuove la lapide che ricorda l’alpino Fontana Nicolò che “vittorioso su questa cima martoriata, il 23 Luglio 1916 cadde colpito in fronte mentre ritto sulla trincea guardava con amore alla sua casa posta ai piedi dello Spitz in territorio occupato dal nemico”.
A nord del monumento, il bosco conserva i resti delle trincee e dei nidi di mitragliatrice austriaci.
Ritornati a Tonezza, la SP 83 ci conduce verso l’Altopiano dei Fiorentini che conserva ancora le testimonianze del duro inverno appena trascorso.
Subito dopo il Passo della Vena, prendiamo la SP 92 dei Francolini, strada bellissima in ambiente molto aspro fino a Forcella Valbona dove si diparte la deviazione che porta a Forte Campomolon.
La strada è ancora ingombra di neve e l’abbigliamento motociclistico non è proprio adatto ad una discreta passeggiata nella neve e dunque lasciamo perdere, ripromettendoci di tornare più avanti.
La costruzione del forte iniziò nel 1912 e non fu mai ultimata. Fu fatto saltare dagli italiani stessi il 19 maggio 1916, quattro giorni dopo l’inizio della spedizione austriaca di maggio. A farlo saltare fu l’ing. Paolo Ferrario, sottotenente del genio, che nell’operazione perse la vita. Ora è uno dei più bei belvedere su Tonezza, gli Altipiani, la Vigolana, la Valdastico, la valle di Posina e la pianura.

Proseguendo, giungeremmo a Passo Coe e a Folgaria, ma preferiamo tornare sulla strada già fatta per visitare i ruderi di Forte Cherle.
Il forte venne costruito a quota 1445 metri in località Malga Cherle, sull’Altopiano dei Fiorentini, a sbarramento dell’altopiano di Folgaria ed era costituito da due corpi di fabbrica, il corpo delle casamatte ed il blocco delle batterie, collegati tra loro da un corridoio. Era circondato da un fossato, controllato da un fortino di controscarpa, e da tre ordini di reticolati. Per il controllo dell’intervallo di terreno sino al forte Sommo Alto, Forte Cherle era dotato sul fianco destro del corpo delle casematte, di una batteria “traditor”. Subito dopo l’inizio delle ostilità, nel 1915, il Forte subì pesanti bombardamenti da parte delle batterie italiane da 280 mm situate sul Campomolon.

Dalla sommità del forte su cui è ancora possibile vedere le postazioni dell’artiglieria e i resti delle cupole in cemento armato, si gode un panorama straordinario sull’imbocco della Valdastico e sugli Altipiani.
La penultima tappa della giornata è Forte Busa Verle al Passo di Vezzena, possente costruzione oggi in forte stato di degrado anche per lo smantellamento operato negli anni trenta per recuperare il ferro dal cemento armato. Al Passo una strada, abitualmente chiusa al traffico, porta in pochi minuti a destinazione mentre a piedi occorre invece una mezzora. In ogni caso, la vista panoramica che si gode dal Forte merita ampiamente la strada fatta.
Opera fortificata a prova di bomba, Forte Busa Verle serviva ad impedire un’eventuale avanzata italiana dalla Val d’Assa verso Lavarone e la Valsugana. Era composto dalla casamatta principale lunga circa 70 metri con i locali per la guarnigione, da una postazione per il combattimento ravvicinato sul fianco sinistro, una batteria di obici ed una postazione di fiancheggiamento a sud del fossato. Anch’esso fu oggetto di pesanti cannoneggiamenti da parte delle artiglierie italiane, ma non venne mai conquistato.
Eccoci infine all’ultima tappa che non è un’altra opera bellica, anche se fu coinvolta nella Grande Guerra: l’Osteria all’Antico Termine. Per noi è il luogo in cui sedere al sole a gustarci una polpetta, un panino con la soppressa come si deve e una birra Cimbra in due, mentre nel cielo viaggiano le nuvole.
Avvertenza: le notizie storiche sono tratte da http://www.magicoveneto.it/
Bei posti, l’Aeronautica Militare, di cui sono dipendente, aveva un ostello a Tonezza del Cimone.
Ci sono stato parecchie volte a fare l’istruttore ai corsi di sopravvivenza al nostro personale e, spesso, nelle uscite abbiamo vagato nella zona. Ora, purtroppo, l’ostello è chiuso per inagibilità e non torno in zona da tempo. Avevo incontrato un volontario del soccorso alpino (teneva una conferenza sulle valanghe) che condivide con te la passione per la storia della zona e mi ha portato a spasso per il Pasubio raccontandomi la storia di ogni colle ed ogni trincea.
Complimenti per il sito e le doti di narratore
amay450
Grazie Paolo Simone o Simone Paolo, non so. Grazie dell’apprezzamento. Mi fa piacere che la lettura dell’articolo abbia smosso tuo ricordi.
Grazie anche a Leopoldo per le belle parole in cui riconosco il mio piacere e il mio sforzo.
Caro Giulio, pure io ho finito il mio dizionario e non trovo più termini per complimentarmi su foto e racconto che tu sai esporre con un giusto mix, in maniera ottima.
Boh… passerò solo a cliccare mi piace o farti l’occhiolino… 😀
Caro Max, i complimenti fanno sempre piacere, però, come scrivi tu, non possono essere l’unica forma di dialogo in un blog. Sai cosa mi piacerebbe? Mi piacerebbe che chi sosta in questa raccolta di piccoli racconti e ne è poco o tanto colpita/o, vi lasciasse un’idea, un ricordo, una fantasia che quel racconto gli/le evoca. Ecco, questo mi piacerebbe.
Una fantasia, un desiderio, che certamente mi suscitano racconti come questo o come quello dei Monti Lessini, è di esser condotto da te su queste magnifiche strade… 😉 Prima o poi ti prenoto…
Sarai il benvenuto.
Non mi vorrei ripetere e apparir retoricamente aulico, ma non posso che elogiare la tua buona volontà e la tua preparazione com mototurista-blogger.
Con un bel po’ di sana invidia, ti saluto cordialmente
Leopoldo
Grazie Leopoldo. A presto!